l'Io onirico
I ricordi onirici di Carla Cerbaso
L’assunto fondamentale della ricerca artistica di Carla Cerbaso è costituito da un duplice dimensione onirica e mnemonica, ricerca che si manifesta sia nell’aspetto pittorico che in quello delle sculture.
Nelle opere pittoriche assistiamo infatti ad una decisa frammentazione spazio-cromatica, che porta ad una visione-condivisione del frammento, ad una rinnovata possibilità di capire le fragilità dell’anima come impedimento stesso dell’essere.
Sovente si tratta di processi metamorfici, i quali si uniscono alle riflessioni oniriche per dare vita ad uno straordinario effetto plastico che supera le costrizioni del quotidiano, probabilmente alla ricerca di una libertà che l’artista sa essere lontana, sa essere solo alla portata di visi che emergono dal serbatoio dei ricordi, che alla fine si trasformano in intuizioni psichiche legate alla capacità, forse tutta e solo femminile, di definire lo scenario dell’esistenza.
Già, lo sguardo al femminile, gli sguardi femminili, sono la cifra stilistica della produzione di Carla Cerbaso, con questi volti che si meravigliano di osservare il reale, si stupiscono, e forse nel contempo soffrono, di fronte al paesaggio che è sempre e comunque luogo dell’anima, di fronte alla voce del tempo che sembra irretire le figureprotagoniste delle sue opere, di fronte alla vita, che la donna albero, attraverso un complesso processo di assimilazione panica, assorbe ed interiorizza.
Certo, con Erri De Luca, “ci torna in mente il passato con parvenza di intero”, le varianti del tempo ed i percorsi alterni, di provvida o improvvida fortuna, il continuo permutare di idee e le nuove risorse e il divenire, per questa davvero strana muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia, un muro cui l’artista non giunge mai ignaro e dove la voce della vita diviene assurdo silenzio ( ci sono emozioni che nascondono il senso di una vita, ci sono silenzi così assordanti che si annidano sotto un cumulo di piani cromatici).
Ed ecco allora estroiettazioni di magma psichico, dove il colore domina incontrastato in una fintadimensione fenomenica che altronon è che il luogo della coscienza, seppure mimetizzato, come già detto, nel paesaggio, ermeneutica efficace dei meandri della società postmoderna, dove la fine delle narrazioni produce la necessità di una reinterpretazione dell'esistente che solo l'arte può, sa e deve dare, partendo dall'assunto che la vita è mistero, che la realtà può essere indagata solo svelando e superando la superficie sempre ingannevole delle cose.
L’itinerarium di Carla Cerbaso dice tutto questo, dice la ricerca di uno spiraglio sul segreto delle cose, dice la dissoluzione del sogno alla luce della cruda realtà, dice un’arte che, per Montale, indaga, accorda, disunisce per cambiare una condizione esistenziale di noia e di tristezza, condizione che pervade la nostra società postmoderna.
Massimo Pasqualone [critico d'arte, poeta, filosofo, giornalista]
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